La ratio della decisione
Per comprendere le ragioni alla base della sentenza, occorre fare riferimento alle disposizioni europee di tutela della privacy (GDPR), contenute nel Regolamento generale sulla protezione dei dati personali. In Italia la materia è regolata dal D.Lgsl. 201 del 2018, con cui il nostro Paese si è adeguato alle indicazioni di Bruxelles. In particolare, per quanto qui rilevante, la norma prevede che il trattamento debba avvenire nell’osservanza dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti. Venendo a questo caso, la Corte ha confermato che la condizione di morosità rientra tra i dati personali meritevoli di tutela, secondo quanto previsto dalla legislazione italiana ed europea, poiché si tratta di dati riferibili a un soggetto determinato o determinabile. Tutto questo per dire che le informazioni in questione possono essere comunicate solo agli interessati, cioè i condòmini, ma non possono essere esposte pubblicamente in spazi a cui abbiano libero accesso persone estranee al condominio.
Conseguenze della sentenza
Alla luce di quanto affermato dalla Cassazione non solo non è necessario, ma è dunque vietato, esporre alla conoscenza di chiunque frequenti gli spazi comuni lo stato di morosità dei singoli condòmini. Un bilanciamento tra le due contrapposte esigenze di trasparenza e dovere di comunicazione dell’amministratore da una parte, e tutela della privacy dall’altra, è comunque possibile. L’amministratore può infatti assolvere i propri compiti comunicando lo stato di solvibilità dei singoli condòmini in sede di assemblea e attraverso il rendiconto annuale.